Può essere che sia veramente accaduto
Dicembre 2013
Maggio 1176: Il Barbarossa passa per Sacconago
Qui si narra come a Sacconago apparve
l’imperatore Federico 1° Hohenstaufen detto il Barbarossa.
(Da alcuni appunti presi durante una interessantissima lezione tenuta dall’architetto Augusto Spada, e da altre fonti storiche traggo ispirazione per questo racconto che veleggia tra verità, verosimiglianza e fantasia.)
Era ancora notte a Como, sul lago la primavera deponeva tutto il tepore e il languore di un fine maggio del 1176, quando l’Imperatore, che stava accampato nella città amica, si scosse e disse : -Andiamo-. Si mossero 4.000 uomini verso il Ticino.
Federico 1° di Hohenstaufen, l’Imperatore detto il Barbarossa, aveva deciso di percorrere la strada più breve, anche se più pericolosa, per raggiungere Pavia dove l’aspettavano i rinforzi giunti dalla Germania e le milizie del Marchese del Monferrato.
Era consapevole che calando a nord lungo i confini del Contado del Seprio, di parte imperiale, si esponeva troppo ai Milanesi che confinavano con i Sepriesi nel territorio tra Busto e Legnano; ma aveva fretta e a Pavia si sarebbe sentito sicuro.
A Milano, dove stavano armati 12.000 uomini della Lega dei Liberi Comuni, lo seppero e decisero di muovergli incontro:
In marcia, dissero i loro capi, è l’occasione della rivincita--
Uscirono dalle mura impazienti di roteare le spade; dietro muoveva lento il pesante carro con le insegne, il sacerdote in preghiera e la campana che rintoccava senza sosta.
Ed ecco che la cavalleria imperiale, nella campagna a sud di Borsano, si trova sbarrata la via dai primi Milanesi; prevedendo e prevenendo il compattarsi di tutti gli uomini della Lega, si lancia all’assalto.
La Lega vacilla, indietreggia ma tiene fin quando giunge la Compagnia della morte, 9.000 uomini; arriva anche la Compagnia del Carroccio, 300 uomini: la zuffa iniziale volge alla battaglia.
Ma l’imperatore si disimpegna: meglio raggiungere Pavia che affrontare una battaglia decisiva che i Milanesi combattono in favore di uomini e di determinazione.
Gli imperiali si battono più per rompere l’accerchiamento che per la vittoria; il grosso della cavalleria non entra in campo e ripiega verso Sacconago perché da lì parte la strada che porta a Corbetta e poi, per Abbiategrasso, a Pavia.
Il Barbarossa con i suoi cavalieri entra a Sacconago da Est (per l’attuale via 11 Febbraio), fatto pochi metri, in un piccolo slargo sulla destra trova la chiesa con il cimitero intorno, si arresta e dà uno sguardo. I Lombardi non inseguono: le loro truppe, anche se possenti, sono troppo lente.
Maggio 1176: Il Barbarossa passa per Sacconago
l’imperatore Federico 1° Hohenstaufen detto il Barbarossa.
Era ancora notte a Como, sul lago la primavera deponeva tutto il tepore e il languore di un fine maggio del 1176, quando l’Imperatore, che stava accampato nella città amica, si scosse e disse : -Andiamo-. Si mossero 4.000 uomini verso il Ticino.
Federico 1° di Hohenstaufen, l’Imperatore detto il Barbarossa, aveva deciso di percorrere la strada più breve, anche se più pericolosa, per raggiungere Pavia dove l’aspettavano i rinforzi giunti dalla Germania e le milizie del Marchese del Monferrato.
Era consapevole che calando a nord lungo i confini del Contado del Seprio, di parte imperiale, si esponeva troppo ai Milanesi che confinavano con i Sepriesi nel territorio tra Busto e Legnano; ma aveva fretta e a Pavia si sarebbe sentito sicuro.
A Milano, dove stavano armati 12.000 uomini della Lega dei Liberi Comuni, lo seppero e decisero di muovergli incontro:
In marcia, dissero i loro capi, è l’occasione della rivincita--
Uscirono dalle mura impazienti di roteare le spade; dietro muoveva lento il pesante carro con le insegne, il sacerdote in preghiera e la campana che rintoccava senza sosta.
Ed ecco che la cavalleria imperiale, nella campagna a sud di Borsano, si trova sbarrata la via dai primi Milanesi; prevedendo e prevenendo il compattarsi di tutti gli uomini della Lega, si lancia all’assalto.
La Lega vacilla, indietreggia ma tiene fin quando giunge la Compagnia della morte, 9.000 uomini; arriva anche la Compagnia del Carroccio, 300 uomini: la zuffa iniziale volge alla battaglia.
Ma l’imperatore si disimpegna: meglio raggiungere Pavia che affrontare una battaglia decisiva che i Milanesi combattono in favore di uomini e di determinazione.
Gli imperiali si battono più per rompere l’accerchiamento che per la vittoria; il grosso della cavalleria non entra in campo e ripiega verso Sacconago perché da lì parte la strada che porta a Corbetta e poi, per Abbiategrasso, a Pavia.
Il Barbarossa con i suoi cavalieri entra a Sacconago da Est (per l’attuale via 11 Febbraio), fatto pochi metri, in un piccolo slargo sulla destra trova la chiesa con il cimitero intorno, si arresta e dà uno sguardo. I Lombardi non inseguono: le loro truppe, anche se possenti, sono troppo lente.
I sacconaghesi, poche centinaia di gente spaventata, sono chiusi in casa e sbirciano dalle finestre. Ne hanno visti troppi di capovolgimenti, troppi passaggi di truppe che scendevano e risalivano le loro contrade. A loro sono rimasti sempre e solo contributi e decime da pagare: ai Franchi, ai Vescovi di Milano, ai governanti del Seprio, agli imperatori tedeschi, alla Pieve di Olgiate. Hanno coltivato miglio e segale per consegnarne buona parte ai potenti così lontani dalle loro terre. Ora hanno sprangato gli usci delle stalle e ritirato il pollame in cucina. .
Passano altri cavalli al galoppo, giunge il frastuono dei carriaggi con le vettovaglie, si ferma un carro per caricare acqua dal pozzo comune. Sulla porta della chiesa, una piccola costruzione cui da poco hanno aggiunto un abside a semicerchio, si affaccia il prete che è venuto da Olgiate per la Messa, scorge il carro fermo e si avvicina: due cadaveri giacciono sotto mantelli intrisi di sangue.
-Diamo sepoltura qui?- chiede tracciando un segno di croce.
Lentamente e circospetta la gente esce dalle case; arriva il becchino e inizia a scavare le fosse: -Chissà chi sono questi poveri cristi…chissà da dove vengono…- Già la pala li copre di terra: -Chi mi darà un soldo per questa fatica? Gh’è restáa chi pü nissögn- In fondo alla strada,dove la chiesetta di S. Donato segna l’inizio della strada per Corbetta, l’ ultimo carro del Barbarossa volta a sinistra.
- - -
E’ passato il più potente della terra, è passato l’Imperatore Federiico 1° di Hohenstaufen, è passato, a 51 anni di età, fuggiasco e sconfitto per raggiungere la sua Pavia e riprendere forza. E’ passato da Sacconago e di tutto questo ai sacconaghesi non ne è venuto niente.
Anzi no: uno ne ricavò qualcosa. Si avvicinò al becchino un possidente di Sacconago, tale Cristoforo dei Brazulfi, e gli mise in mano 5 soldi: “Te li dà l’Imperatore per la sepoltura.”
Questo povero sotterramorti si tenne in tasca le preziose monete, ma non a ricordo dell’imperatore, semplicemente non potè mai spenderle, chè i tempi erano cambiati e nessuno voleva avere a che fare con i soldi che portavano la faccia del Barbarossa
* * *
Sono passati 835 anni dagli avvenimenti narrati. A suggello di questa storia sono venute alla luce le fondamenta di quella chiesetta cui il Barbarossa in fuga aveva dato uno sguardo.
Passano altri cavalli al galoppo, giunge il frastuono dei carriaggi con le vettovaglie, si ferma un carro per caricare acqua dal pozzo comune. Sulla porta della chiesa, una piccola costruzione cui da poco hanno aggiunto un abside a semicerchio, si affaccia il prete che è venuto da Olgiate per la Messa, scorge il carro fermo e si avvicina: due cadaveri giacciono sotto mantelli intrisi di sangue.
-Diamo sepoltura qui?- chiede tracciando un segno di croce.
Lentamente e circospetta la gente esce dalle case; arriva il becchino e inizia a scavare le fosse: -Chissà chi sono questi poveri cristi…chissà da dove vengono…- Già la pala li copre di terra: -Chi mi darà un soldo per questa fatica? Gh’è restáa chi pü nissögn- In fondo alla strada,dove la chiesetta di S. Donato segna l’inizio della strada per Corbetta, l’ ultimo carro del Barbarossa volta a sinistra.
Anzi no: uno ne ricavò qualcosa. Si avvicinò al becchino un possidente di Sacconago, tale Cristoforo dei Brazulfi, e gli mise in mano 5 soldi: “Te li dà l’Imperatore per la sepoltura.”
Questo povero sotterramorti si tenne in tasca le preziose monete, ma non a ricordo dell’imperatore, semplicemente non potè mai spenderle, chè i tempi erano cambiati e nessuno voleva avere a che fare con i soldi che portavano la faccia del Barbarossa
Da: Ginetto Grilli, su "Canto novo di Sacconago"