Le chiese di Busto Arsizio Santa Maria di Piazza San Giovanni Battista San Michele Arcangelo San Rocco Chiesa vecchia di Sacconago Chiesa nuova di Sacconago Madonna in prato Cappella Canton Santo Santa Maria delle grazie Edicola di San Carlo Madonna in campagna di Sacconago |
Storia antica Il canonico Antonio Crespi Castoldi, nel 1614 realizzò una “storia di Busto Arsizio” basata sulla tradizione dell’epoca e su documenti allora consultabili ed oggi andati perduti. Egli racconta che sull’area ove oggi sorge la chiesa di San Michele, vi era un castello e che in esso, nell’anno 1242 si svolse un atto ufficiale alla presenza del console milanese. Nel 1276 il castello venne distrutto per vendetta da Napo Torriani a causa della partecipazione di Busto alla guerra fra Visconti e Torriani, ovviamente, a detta del Crespi Castoldi, dalla parte dei Visconti. Saranno poi i Visconti a ricostruire le mura ed il fossato del borgo, ma non il castello che, pertanto, rimase diroccato per secoli. Una primitiva piccola cappella, forse adiacente il castello, forse inserita in esso, era stata eretta certamente sin dall’epoca longobarda. Presumibilmente, con la distruzione del castello nel 1200 andò perenta anche questa cappella. Sulle rovine del castello venne edificata una nuova chiesa, e venne recuperata la base della torre del castello stesso per sopraelevarci il campanile, di cui diremo in seguito. La prima ricostruzione della chiesa in forma basilicale, a navata unica con tre absidi semicircolari e tetto a capriate, è pertanto da far risalire alla fine del ’200 o inizio del ‘300. Nel Liber notitiae sanctorum Mediolani, compilato fra il 1290 e il 1310 viene elencata anche la chiesa di San Michele a Busto. Nel 1343 venne eretto un beneficio curato, ossia l’assegnazione di beni sufficienti per garantire la “cura” di un sacerdote fisso. Crespi Castoldi ci informa che nel 1494 la chiesa venne ornata con pitture e nel 1512 venne eretto un secondo beneficio “curato”. Risale al 1566 una descrizione dettagliata della chiesa, con un altare principale, 4 altari minori, pavimentata. Adiacente vi era il cimitero. Nel 1580 venne redatta una nuova descrizione con piantina, e si disse che la chiesa era in buono stato. Dal disegno emerge come il fosso e i bastioni delle mura cingessero di fatto la chiesa stessa, il cimitero e le case dei curati. Ancora agli inizi del ‘600 vi erano dieci sepolcri interni, ridotti ad otto nel 1622. Nel 1641 la chiesa viene detta pericolante in diversi punti, e così si darà corso alla realizzazione della nuova. Il Campanile E’ certamente, almeno nella parte inferiore, l’edificio più antico tuttora esistente a Busto. Già basamento di torre del castello longobardo, o comunque basamento di parte del castello stesso, fu “riciclato” per realizzare la torre campanaria della chiesa. Si tratta di un basamento di pietre e ciotoli, del IX-X secolo. La parte intermedia ha lesene angolari di mattoni, quattro campi sovrapposti, rientranti, in ciottoli con archetti e finestre a tutto sesto, e si concludeva con le quattro bifore con colonnina intermedia, dapprima murate e solo recentissimamente riportate alla luce. Nel 1559 venne realizzata una ulteriore elevazione coincidente con l’attuale cella campanaria, alta 11 cubiti. Ne deriva che in epoca imprecisata venne realizzata una ulteriore sopraelevazione intermedia corrispondente all’attuale alloggiamento dell’orologio. A fine ‘700 verrà dotato di tre campane provenienti da San Giovanni, mentre nel 1889 accolse ben 12 campane su un castello in ghisa. Pur essendo stato realizzato in almeno quattro fasi separate, questo campanile ha un fascino ed una omogeneità tutte proprie. Solo il campanile di San Giovanni, terminato nel 1418, supererà questa torre, che, pertanto, coi suoi “100 cubiti” (40 metri) resterà un elemento fondamentale fino al XX secolo dello “skyline” cittadino. ![]() ![]() La chiesa attuale L’edificio attuale venne realizzato, nella sua struttura di base, nel periodo fa il 1653 ed il 1679 su un disegno dell’arch. Francesco Maria Richino (o Richini), ad unica navata. La prima visita pastorale nel nuovo edificio risale al 1656 ad opera di mons. Filippo Maria Visconti che data l’inizio dei lavori al 1653. La prima grande novità è data dal rovesciamento del tradizionale orientamento delle chiese con abside ad Ovest. Poiché lasciare quell’orientamento avrebbe costretto a realizzare la facciata a ridosso dei bastioni delle fortificazioni del borgo, si decise di posizionare la facciata laddove la vediamo oggi. La volta era a botte, il pavimento era di marmo e conteneva 30 sepolcri. Solo nel 1785 il coro, dietro all’altare, accolse degli stalli, provenienti dalla chiesa di santa Maria di Abbiategrasso. L’altare maggiore fu per oltre un secolo lo stesso della chiesa precedente in legno, e venne sostituito da uno nuovo solo nel 1753, probabilmente realizzato da Biagio Bellotti. Interessante notare la scritta la latina “quis ut deus” (chi come Dio ?) che corrisponde alla traduzione dell’ebraico “mi cha el” (da cui Michele). Il nome Michele, pertanto, fa espresso riferimento al ruolo avuto dall’Arcangelo nello sconfiggere gli angeli ribelli che ritenevano, appunto, di essere come Dio. Il nome Michele, dunque, è un monito continuo anche alla arroganza degli uomini, affinchè ricordino di non essere come Dio. Il Battistero venne realizzato nel 1884. Nel 1931 la volta della chiesa, fatta di incannucciato, viene sostituita con una nuova di mattoni. Negli anni 1937-39 il presbiterio e l’abside vengono demoliti e ampliati, su progetto dell’architetto Giovanni Maggi, con l’aggiunta del transetto, della cupola, di una nuova sagrestia, della cosiddetta penitenzieria (oggi cappella invernale), con la realizzazione della controfacciata che guarda su piazza Manzoni, la cosiddetta grotta della Madonna di Lourdes con stalattiti di cemento dipinto. Queste modifiche sono state assoggettate a notevoli critiche in quanto no rispetterebbero le valenze formali dell’edificio preesistente e ne avrebbero pertanto stravolto l’immagine complessiva. L’attuale organo di oltre tremila canne è del 1945. Di grande pregio le opere custodite nell’adiacente museo di arte sacra. Le decorazioni pittoriche Gran parte delle decorazioni pittoriche sono piuttosto recenti anche se nel loro insieme forniscono una sensazione di grandiosità. Risalgono infatti agli anni fra il 1932 ed il 1950 la grandiosa decorazione pittorica della controfacciata (Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele, Mosè, Aronne), della volta (al centro Dio creatore, l’arcangelo Michele sconfigge gli angeli ribelli, Annunciazione, ai lati Michea, Abdia, Gioele, Osea, Malachia, Zaccaria, Aggeo, Abacuc) del transetto destro (alle pareti Elia confortato dall’angelo, Il miracolo di Torino, Ultima cena, sulla volta del transetto: gloria di san Felice), nel transetto sinistro (alle pareti martirio di san Tarcisio, miracolo di sant’Antonio, moltiplicazione dei pani e dei pesci, sulla volta del transetto: Assunzione), della cupola (Cristo vincitore della morte), dei pennacchi (Evangelisti), dell’abside (primato di Pietro, Spirito Santo, Fede, Speranza, Carità, Giustizia, santa Cecilia, san Gregorio), del battistero (alle pareti battesimo di Gesù, mandato di Gesù agli Apostoli, nella volta del battistero: Spirito Santo tra angeli). Sono opere di Mario Chiodo Grandi, Angelo Galloni, Gerolamo Polloni e A. Bonfanti, La vetrata sopra l’ingresso principale (Madonna con Bambino e san Giovannino) è del 1949. Tele di rilievo: nei primi due vani laterali si trovano: a destra il battesimo di Cristo (fine’600), vita del Battista; a sinistra la guarigione di Tobia di Pietro Antonio Magatti (1731 circa) proveniente dalla chiesa di San Rocco. Cappelle di destra: Cappelle di sinistra: La facciata Il rivestimento e l’ornamentazione della facciata avvenne in due tempi: nel 1726-30 l’ordine inferiore (con le statue di sant’Ambrogio e Gregorio) e i cinque angeli del frontone, mentre nel 1794, ad opera dell’architetto Bernardino Ferrari, si completerà l’ordine superiore. L’esito complessivo è comunque armonico e rispetta l’originario progetto dell’arch. Richini: una facciata molto ricca, in contrasto con la semplicità dei fianchi dell’edificio, che rappresenta uno scenografico fondale della via San Michele attraverso la quale si accede alla chiesa. La facciata è tripartita da lesene binate ioniche inferiori e corinzie le superiori, con un protiro appena sporgente rispetto al portale, con quattro nicchie che contengono le statue dei santi Gerolamo, Agostino, Gregorio e Ambrogio. Fu completata nel 1795. Il Mortorio Tra la chiesa e la casa parrocchiale, attraversando il cimitero ancora esistente nel ‘700, Biagio Bellotti realizzò il cosiddetto mortorio fra il 1761 ed il 1764. Lo stesso Bellotti realizzò gli affreschi del mortorio, oggi in buona parte perduti. Si tratta di un arco che collega la chiesa alle case parrocchiali e che è opera unica nel suo genere nella nostra zona. Era destinato all’esposizione dei teschi dei defunti e la decorazione pittorica aveva scopo didattico: un monito agli uomini sulla provvisorietà della vita. Straordinarie le sei inferriate di ferro battuto, probabilmente da considerarsi le più belle della città Enrico Candiani - Angelo Crespi 31 maggio 2009 Bibliografia ![]() ![]() ![]() |